Luca Carlassara Giulio Lucacci

 

 

PROCESSO di TERMOFORMATURA

 

Indice:

1 - Cos’è la termoformatura

2 - Focus on

3 - Modello materiale

4 - Meccanismo moltiplicatore di forza

5 - Appoggi laterali e attrito

6 - Grafici:

- velocità del punzone

- potenza del motore

7 - Conclusioni

 

 

1 - Cos’è la termoformatura

La termoformatura è un processo utilizzato nello stampaggio di polimeri termoplastici, largamente utilizzato nel settore dell’imballaggio, nella produzione di bicchieri o piatti, interni di frigoriferi, pannelli, piccole imbarcazioni.

In questa tecnologia lastre sottili rammollite vengono appoggiate ai bordi superiori di uno stampo cavo ed un punzone agisce superiormente alla lastra comprimendola all’interno dello stampo. La termoformatura deve avvenire sopra la Tg del materiale che è quindi allo stato gommoso, cioè non si deforma sotto il proprio peso ma garantisce il mantenimento di una deformazione imposta.

 

 

2 - Focus on

Nella trattazione del problema abbiamo voluto soffermarci su alcuni aspetti fondamentali del processo:

Modellizzazione del materiale

Scelta del meccanismo di pressatura

Valutazione dell’attrito sugli appoggi

 

3- Modellizzazione del materiale:

I polimeri termoplastici presentano diversi comportamenti meccanici a secondo della temperatura a cui si trovano. A temperature basse il comportamento è completamente elastico e si dice che il polimero è allo stato vetroso. All’aumentare della temperatura si assiste ad un calo del modulo elastico che, in corrispondenza della temperatura di transizione vetrosa (Tg), crolla di ben 3 ordini di grandezza e il comportamento è viscoelastico. A temperature ancora superiori si ha un comportamento prima gommoso e poi viscofluido. A questo punto il polimero diventa un fuso viscoso che scorre reversibilmente e può subire importanti operazioni di formatura. Il modello meccanico che descrive completamente questi fenomeni è quello a quattro elementi costituito dalla serie formata da una molla, un ammortizzatore e un parallelo molla-ammortizzatore.

 

Alla temperatura a cui si opera nella termoformatura si può assumere che l’effetto meccanico predominante sia quello viscoso.

 

Working Model non dà la possibilità di deformare i corpi. Per ovviare a questa mancanza abbiamo suddiviso la lastra in 8 conci rettangolari 60x10 (mm) uniti dal parallelo molla-ammortizzatore. Per rendere conto della viscoelesticità flessionale su ognuno di essi abbiamo introdotto due momenti. Il primo dipende sia dalla posizione che dalla velocità relativa rispetto al concio precedente ed il secondo dipende allo stesso modo dal concio successivo.

 

La formula che descrive il momento “in coda” è la seguente:

 

-[costante elastica]*(*(Body[1].p.r -Body[2].p.r)-)+ [costante viscosa] *(Body[1].v.r -Body[2].v.r)

 

Mentre per il momento “in testa”:

 

[costante elastica]*(Body[2].p.r -Body[23].p.r)+[costante viscosa]*(Body[2].v.r -Body[23].v.r)

 

Pur essendo nelle condizioni di termoformatura il contributo elastico trascurabile, abbiamo comunque conservato nelle formule la possibilità di introdurlo per permettere la descrizione del materiale ad altre temperature.

 

Per rendere ancora più realistico il modello abbiamo stimato il rapporto esistente fra la costante “c” degli ammortizzatori (viscosità elongazionale) e la [costante viscosa] (cfr formula 1).

Sia per la deformazione elongazionale che per quella flessionale vale la seguente relazione:

 

s= K * (de/dt)

 

Per l’elongazione diventa:

 

F / S = K * (dx/dt) / lo

F = K * S * (dx/dt) / lo = c * (dx/dt)

 

Mentre per la flessione:

 

M / Wf = K * (dq/dt) * h/2

M = Wf * K * (dq/dt) * h/2 = [costante viscosa] * (dq/dt)

 

Da cui:

 

K = c * lo /S = 2 * [costante viscosa] / (h * Wf)

 

[costante viscosa] / c = lo * (h * Wf) / S

 

Che con i nostri dati risulta circa 10-7

 

Supponendo che la lastra pesi circa 2 Kg, affinché non collassi sotto il proprio peso, abbiamo scelto un coefficiente c pari a 10000 Ns/m ed una relativa c_flex pari a 0.001 Ns/rad.

Infine, per avere un contatto più regolare tra pezzo e punzone abbiamo sovrapposto ai rettangoli dei cerchi ed eliminato la possibilità di collidere tra punzone e rettangoli.

 

 

4 - Meccanismo moltiplicatore di forza

Per movimentare il punzone abbiamo optato per uno schema tipico delle presse meccaniche detto moltiplicatore delle forze. Questo meccanismo permette di ottenere un carico molto elevato una volta applicato un momento piccolo.

5 - Appoggi laterali e attrito

Per fissare la lastra alle estremità dello stampo abbiamo utilizzato degli afferraggi che sfruttano la forza elastica di due molle precompresse (k=10000 N/m, precompressione: 0.08 m) poste perpendicolarmente alla lastra. Non abbiamo potuto utilizzare il modello di attrito interno al programma per non sovraccaricare ulteriormente il calcolatore. In ogni caso l’effetto ai fini che ci siamo preposti è accettabile.

 

6 – Grafici

 

 

L’andamento del grafico della potenza del motore è coerente con la velocità del punzone. All’aumentare di quest’ultima aumenta anche la potenza necessaria a deformare la lastra (viscosità). L’irregolarità della curve è dovuta al basso numero di elementi utilizzati per modellare il polimero, ma comunque l’andamento ottenuto rispecchia le previsioni teoriche. Abbiamo inoltre scelto di porre la massa del punzone abbastanza piccola in modo che il suo effetto possa essere trascurato in termini di potenza. Ecco perché il diagramma presenta valori ben più bassi una volta completata la deformazione del pezzo.

 

7 - Conclusioni

Nell’affrontare l’argomento ci siamo resi conto di aver bisogno di strumenti che working model non offre in modo soddisfacente. In prima istanza il modello dell’ attrito interno al programma rende instabile il nostro sistema e quindi abbiamo dovuto farne a meno. In seconda battuta lo script relativo alla trave flessibile presenta dei difetti che ci hanno costretto a modellizzare la trave come sopra mostrato. Inoltre le potenzialità di un normale PC sono messe a dura prova dal modello adottato rendendo il calcolo molto laborioso e lento. Tuttavia, al di là delle difficoltà riscontrate, a nostro avviso la nostra costruzione riflette in modo verosimile il comportamento meccanico del materiale a termoformatura.

Ciò non toglie che l’uso di un programma ad elementi finiti è di gran lunga più appropriato a problemi come questo.

 

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